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L'autore mette in scena un "gioco di specchi" in cui al testo erasmiano, "L'elogio della follia", fa da contrappunto la vita reale, quella vissuta, quella in cui ognuno fa la sua parte, in una recita sociale che si trascina stancamente, per inerzia. Solenghi, nelle vesti, solo apparentemente inusuali di eroe moderno, cerca di vincere l'ineluttabilità di una spaccatura insuperabile tra il testo di Erasmo e la vita concreta, volendo così dimostrare che la cultura può vivere, può incarnarsi, può, anzi, essere strumento fondamentale per risvegliare le coscienze e promuovere la virtù. Una storia dei nostri tempi in un dialogo con il passato, che per sua natura resta fondativo e, spesso, canone inverso per le nostre esistenze.